Mostra Fotografo Sebastião Salgado

Sebastião Salgado

Sebastião Salgado è considerato uno dei più grandi fotografi, a livello mondiale, contemporanei.

Si tratta di un artista Brasiliano nato nel 1944, ma la sua passione, che lo portò ad essere conosciuto grazie alle sue incredibili opere, non fu immediata.

Infatti cominciò gli studi come economista e statico prima nel suo luogo di origine e poi a Parigi e fu solo in un secondo momento, quando venne mandato in missione in Africa agli inizi degli anni ‘70 che si cominciò a orientare alla fotografia rendendola una vera e propria professione. Proprio quando iniziò a lavorare presso “l’Organizzazione mondiale del Caffè”.

La sua spiccata sensibilità e voglia di scoprire lo portarono a orientarsi sulla documentazione della condizione umana nelle diverse aree geografiche.

Situazioni economiche, culturali politiche e sociali completamente opposte, tanto da dover essere immortalate, secondo il suo pensiero, per comunicare un messaggio ben preciso di testimonianza al quale rimase saldo per tutta la vita.

Nel 1973 realizzò così il primo reportage dedicato alle condizioni climatiche di siccità del Sahel.

Successivamente si dedicò a documentare e immortalare le situazioni terribili degli immigrati in Europa.

Da questo momento in poi la sua vita e la sua carriera fu segnata.

Con il tempo fece parte di diverse agenzie tra cui Sygma che gli permettè di proseguire il suo cammino dedicato alla fotografia. Qui ebbe la possibilità di riportare immagini relative all rivoluzione in Portogallo e alla guerra coloniale in Angola e Mozambico.

Nel 1975 si rivolse all’agenzia Gamma e dopo 4 anni cominciò a far parte della Cooperativa di fotografi Magnum Photo.

Fu proprio quest’occasione che gli permise di viaggiare e di crescere ulteriormente, grazie agli spostamenti continui in America Latina, da cui scaturì uno dei suoi importanti libri: Other Americans”.

Nel 1994 decise di abbandonare la Cooperativa per dedicarsi a un nuovo progetto: creare una struttura dedicata completamente alla sua grande passione insieme a sua moglie, Leila Wanik Salgado, chiamata Amazonas Images.

Il viaggio in Africa

Fu proprio da qui che iniziò il grande cammino di Salgado, dopo aver cominciato la carriera da economista e statistico e dopo essersi recato per lavoro proprio in Africa.

Questo luogo lo incantò a tal punto da volerlo immortalare, ricordare e testimoniare in ogni sua sfaccettatura.

Ogni angolo per il fotografo fu degno di essere fermato nel tempo, ogni singola allegria, abitudine culturale, ma anche sofferenza, difficoltà, fame e simbolo di regresso.

Il suo obiettivo non fu quello di orientarsi a notizie già viste, comuni e popolari ma di andare oltre, laddove la vita vera e difficile si fece spazio tra le credenze superficiali derivate dalla poca informazione.

Iniziò il suo percorso africano documentando il problema della siccità nel Sahel. Non cercò mai una risposta al perché quel magnifico Paese fosse nella situazione di povertà in cui effettivamente si trovava, il suo recente passato da economista gli permise di venire a conoscenza delle spiegazioni prettamente storiche e finanziarie. No, non fu questo lo scopo.

Fu intenzionato a rappresentare le persone e le loro idee. Storie e realtà. Spinto da un grande senso di responsabilità nei loro confronti.
Nello stesso momento storico in cui si tentò di raffigurare l’Africa esclusivamente nella sua totale bellezza prettamente superficiale, lui provò sempre ad andare più in profondità, dando la possibilità, grazie al suo mezzo, di far esprimere i lavoratori nel totale rispetto e dignità.

Salgado e il rispetto per i lavoratori: “La mano dell’uomo”

L’opera forse più significativa di Salgado fu proprio “La mano dell’uomo” che divenne un’icona del vero lavoro e il processo secondo il quale i progressi tecnologici prendettero spazio in un mondo che fino a quel momento fu caratterizzato dalla manualità.

Un colosso di 400 pagine sviluppato in 6 anni e in 26 paesi diversi che funge da mezzo comunicativo per spiegare una condizione di vita spesso non considerata o data per scontata.

Il fulcro di quest’opera fu quello di trasmettere le reali situazioni lavorative delle persone, nel riguardo ed esaltando l’onorabilità di ciascuno.

Il suo fu sempre un punto di vista obiettivo, ma ebbe, in ogni attimo, un atteggiamento sensibile e di completa empatia, tanto da riuscire a trasmetterlo anche attraverso i suoi scatti.

“Genesi”, quando tutto può ricominciare

Dopo aver assistito a 25 anni di conflitti Sebastião Salgado e la sua estrema sensibilità e volontà di far conoscere situazioni spiacevoli per smuovere qualcosa per migliorare il mondo, lo portarono ad affrontare troppe sofferenze, a vedere i più deboli sopraffatti dalla forza, dalla prepotenza e dalla malvagità.

Dopo aver viaggiato sette anni per documentare tutto ciò che afflisse il nostro pianeta (progetto “il cammino”) fu partecipe del genocidio in Ruanda e non ce la fece più.

Intorno agli anni 2000 il fotografo si ammalò, saturo per tutto quello che ebbe visto, stanco, rassegnato e convinto che il mondo sarebbe andato sempre di più a pezzi.

La fiducia verso la razza umana venne meno tanto che decise di abbandonare la fotografia per un po’ di tempo insieme agli orrori ormai imprigionati nei suoi occhi.

Tornò in Brasile e spinto dal continuo amore per la terra e la voglia di fare qualcosa di significativo per migliorare e lasciare un segno nel mondo, decise di fare un’opera di riforestazione. Dopo alcuni anni, 2 milioni e mezzo di alberi continuarono a crescere ricoprendo chilometri di deserto e facendo riprendere l’ecosistema.

Fu proprio da queste vicissitudini che nacque “Genesi”, altra grande opera del fotografo creata con un altro scopo: la rinascita e la voglia di salvare, in qualche modo, il proprio pianeta.

Cominciò nuovamente a viaggiare, buttandosi alla scoperta di nuovi spazi e luoghi ancora da scoprire, incolumi dalla cattiveria del genere umano, privi da attori esterni, puri.

La natura. Solo questo ebbe importanza: la sua bellezza e la sua integrità. Salgo le dedicò  una vera e propria lettera d’amore… attraverso la fotografia.